Il campanile di Valgrisenche.

Un simbolo della comunità, che resiste da oltre sei secoli.

Dal 1392, anno di fondazione della parrocchia, il campanile è un punto di riferimento per la valle. L’aspetto solido, il massiccio fusto in pietra a vista e la cuspide a piramide ottagonale sono un tutt’uno col panorama alpino e la simbiosi con le pareti di roccia circostanti lo rende ormai un elemento del paesaggio naturale di Valgrisenche. Restaurato nel 2017 grazie al progetto ITINERAS, il campanile è il simbolo lampante della religiosità delle popolazioni di montagna, incurante del tempo che scorre e resistente a tutte le avversità.


Museo parrocchiale.

La conservazione del patrimonio religioso e della storia di Valgrisenche.

Dalla metà degli anni ’80 la Chiesa parrocchiale di Valgrisenche ospita un piccolo museo che racchiude secoli di storia. Le statue, le croci, i paramenti conservati sono infatti databili tra il XIII e il XVIII secolo. L’esposizione ripercorre così le vicende di Valgrisenche, dagli oggetti attribuiti agli albori della parrocchia (il museo conserva una croce astile databile al XIII secolo e quindi precedente alla costituzione della parrocchia), fino alle statue e ai paramenti provenienti dalle cappelle dismesse a causa della costruzione della diga. Se alcuni degli ornamenti delle cappelle sono andati perduti o sono stati rubati nel corso dei secoli, la maggior parte del patrimonio materiale è racchiuso qui, a testimonianza dell’importante ruolo che la religione ha avuto nel corso dei secoli per le comunità alpine. Un piccolo scrigno, che sottolinea la ricchezza del patrimonio e la devozione della popolazione nel tempo.


Il cimitero.

Parole di speranza e preghiere a ricordo degli antenati.

Racchiuso da una cortina di mura, il cimitero di Valgrisenche accoglie i defunti della comunità nel silenzio della montagna. Posto nel luogo attuale nel 1876, il campo santo ha la particolarità di custodire numerosi epitaffi. Le lapidi e le formelle in ceramica apposte, circa 80, raccontano la vita dei defunti, la devozione delle famiglie, il carattere morale di chi ci ha lasciato, insegnamenti religiosi, preghiere, la speranza di ritrovarsi. Piccoli componimenti in francese, scritti in versi o in prosa, voluti dai parroci Bérard e Lettry a cavallo fra ‘800 e ‘900, che testimoniano la religiosità della popolazione e il desiderio di accompagnare i propri cari nell’ultimo viaggio, lasciando un ricordo indelebile per le generazioni future. Un luogo dove la caducità della vita lascia spazio alla speranza della fede.


La Madonnina del Rutor e la Madonnina del Capoluogo.

Le dimostrazioni di fede dei popoli alpini.

Dal 1958 la Madonna del Rutor svetta sulla Testa del Rutor a 3486m su iniziativa del gruppo giovani dell’Azione Cattolica della parrocchia dell’Immacolata di Aosta, che si occuparono del trasporto a monte. La statua, alta 1,40 m, in pietra bianca di Vicenza, venne colpita da un fulmine nel 2002. Trasportata a valle in elicottero per il restauro, venne riposizionata l’anno successivo e una cerimonia solenne, a cui parteciparono alpinisti e fedeli di Valgrisenche e La Thuile, salutò il ritorno in quota della Madonna.

Se la Madonna del Rutor è la più celebre, sono numerose le testimonianze di fede dislocate sulle cime della Valgrisenche e su strade e sentieri della valle, simboli di una religiosità popolare molto forte, spesso poste per scongiurare calamità naturali, a protezione di villaggi e percorsi pericolosi.

La Madonnina del Capoluogo svetta sulla Roccia di San Grato, in piazza della Chiesa, dal 1955. Si tratta di una copia della Madonnina del Duomo di Milano in bronzo dorato e venne eretta per scongiurare l’eventuale vittoria del Partito Comunista alle elezioni. La roccia su cui sorge la statua cadde dalle pareti della Becca de l’Aouille alla fine del XVII secolo, e forse è per questo che la Madonnina sembra guardare in quella direzione, a ricordo dell’episodio.